Commento critico alle novità penalistiche del Codice della Strada
dell’Avv. Tommaso Rossi (Comitato Tecnico Scientifico Fondazione Michele Scarponi ETS)
La persistente gravità degli incidenti stradali in Italia, spesso causati da comportamenti irresponsabili alla guida, ha spinto il legislatore a intervenire nuovamente sul Codice della Strada. Il recente via libera alla riforma, sancito dal Senato il 20 novembre 2024 (83 voti favorevoli, 47 contrari, un astenuto), riflette l’urgenza di affrontare un problema che continua a mietere vittime. Ma questa riforma, nonostante l’apparente severità delle misure (e nonostante il continuo riferirsi del Ministro Salvini a questo obiettivo) è davvero un cambio di passo o rischia di rimanere un intervento parziale o addirittura controproducente?
Ciò, ovviamente, al netto di tutte le critiche agli aspetti amministrativi della riforma già puntualmente analizzati nei nostri precedenti focus
Il contesto: dati allarmanti, soluzioni frammentarie
I numeri non lasciano spazio a dubbi: quasi il 40% degli incidenti deriva da distrazione, mancato rispetto delle precedenze o eccesso di velocità, mentre alcol e droghe sono responsabili, rispettivamente, del 9,7% e del 3,2%. In risposta a queste tragedie, la riforma introduce una serie di misure repressive, articolate in 36 articoli, che spaziano dalla modifica del diritto penale stradale alla regolamentazione della micromobilità. Tuttavia, la vera questione è se l’inasprimento delle pene, da solo, possa bastare o possa al contrario essere soltanto un grande “tappeto” sotto cui nascondere la “polvere” di una cultura della velocità in automobile e del non rispetto degli utenti più fragili che vogliono condividere la strada in sicurezza.
Struttura del Provvedimento
Il disegno di legge è composto da 36 articoli, suddivisi in 5 titoli e 9 capi. Si articola in due sezioni principali: la prima riguarda le modifiche specifiche al Codice della Strada (Titoli I, III e IV) e la regolamentazione della micromobilità; la seconda prevede una delega al Governo per la revisione del sistema normativo relativo a motorizzazione e circolazione stradale. Questa delega permette al Governo di aggiornare direttamente alcune norme tecniche soggette a frequenti cambiamenti.
Riforma del Diritto Penale Stradale
Le nuove disposizioni intendono inasprire le sanzioni per comportamenti pericolosi alla guida, con l’obiettivo di prevenire incidenti gravi o fatali. In particolare, il disegno di legge modifica significativamente gli articoli 589-bis e 590-bis del Codice Penale, aumentando le pene per chi guida sotto l’influenza di alcol o sostanze stupefacenti.
Omicidio e lesioni stradali: pene più severe, ma la prevenzione?
Uno dei punti centrali della riforma riguarda l’inasprimento delle pene per i reati di omicidio stradale e lesioni personali gravi o gravissime. La reclusione per chi guida sotto l’effetto di alcol (tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l) o sostanze stupefacenti passa da 8 a 12 anni. Per le lesioni, si va dai 3 ai 7 anni di reclusione, a seconda della gravità.
Dietro interventi di rigorismo penalistico, non si rischia di trascurare l’aspetto preventivo che forse è il più importante? L’inasprimento delle pene è efficace solo se accompagnato da campagne educative e strumenti di controllo capillari.
Abbandono di Animali e Incidenti Stradali
Il disegno di legge introduce aggravanti per chi abbandona animali domestici su strada o nelle relative pertinenze, aumentando la pena di un terzo e imponendo la sospensione della patente da 6 mesi a 1 anno se il reato è commesso con l’uso di veicoli. In caso di incidenti causati dall’abbandono di animali, si applicano le stesse pene previste per omicidio stradale e lesioni gravi.
Forse l’unica misura davvero sensata e opportuna di tutta la riforma.
Guida sotto effetto di alcol e droghe: repressione senza compromessi
Tra le novità più significative c’è l’introduzione dell’alcolock, un dispositivo che impedisce l’avvio del veicolo se il conducente ha un tasso alcolemico superiore a zero. Una misura che finalmente adotta un approccio preventivo tecnologico, ma che solleva interrogativi sulla sua applicazione pratica: saranno sufficienti le risorse per installarlo e monitorarlo su vasta scala?
Nel caso di guida sotto l’effetto di droghe, il legislatore ha scelto una linea durissima: basterà risultare positivi ai test, senza dover dimostrare lo stato di alterazione psicofisica, per incorrere in sanzioni pesanti, inclusa la revoca della patente. Tuttavia, l’eliminazione del nesso tra assunzione e alterazione potrebbe aprire a contestazioni giuridiche, rischiando di spostare il problema nelle aule di tribunale.
La “sospensione breve” della patente: una soluzione concreta?
Un’altra novità è l’introduzione della sospensione immediata della patente per infrazioni gravi, come la guida contromano o l’uso di smartphone alla guida. La misura punta a una deterrenza immediata, ma la sua applicazione pratica potrebbe essere complessa, soprattutto per garantire uniformità e trasparenza nell’applicazione.
Un approccio frammentario ai problemi sistemici
Sebbene la riforma contenga misure potenzialmente efficaci, come l’alcolock e l’aumento delle pene, non si può ignorare che il problema della sicurezza stradale richieda un approccio ben più organico. La mancanza di un chiaro investimento in infrastrutture più sicure, educazione stradale e controlli costanti rischia di vanificare gli sforzi normativi.
Il nostro Paese ha urgente bisogno di affrontare la cultura della guida imprudente, che continua a mettere a repentaglio vite umane. Non possiamo accontentarci di provvedimenti spot: occorre una visione sistemica che metta al centro non solo la punizione dei colpevoli, ma la prevenzione degli incidenti e la protezione delle vittime.
L’introduzione di sanzioni più severe è un passo positivo, ma occorre monitorare l’effettiva applicazione delle norme e garantire che le autorità dispongano delle risorse necessarie per controllare e sanzionare adeguatamente tali comportamenti.
Tutta una serie di interventi che già abbiamo analizzato della riforma, come il contrasto alle zone 30 km/h, la limitazione dei poteri attribuiti alle amministrazioni locali in tema di autovelox, di zone di moderazione della velocità e del traffico, alla ciclabilità urbana, etc. vanno nella direzione diametralmente opposta e continuano a suggerire una visione totalmente autocentrica della mobilità stradale.
La mobilità urbana, al contrario, dovrebbe diventare uno spazio condiviso fra auto, pedoni, ciclisti e chi vuole vivere la città in sicurezza senza automobile.